Neve su Marte

Mai la parola Ghiaccio a suscitato tanto etusiasmo
L’emozione e il grido dei ricercatori di fronte alle immagini di ghiaccio sporco su Marte mandate dalla sonda Phoenix, immagini che hanno fatto il giro del mondo nei mesi passati.
Una serie di quattro articoli usciti su Science fa il punto sui dati raccolti dall’inizio della missione alla sua conclusione nel novembre 2008, quando dalla Terra furono costretti a spengere il robot per il sopraggiungere dell’Inverno.

Phoenix Mars Lander è una sonda automatica che la Nasa, con l’Università dell’Arizona (UA) e sotto la guida di Peter H. Smith del Lunar and Planetary Laboratory dell’UA, lanciò circa due anni fa, il 4 agosto 2007, per studiare il suolo e l’ambiente marziano. Dopo la positiva esperienza delle due sonde precedenti, Spirit e Opportunity, che dal 2003 inviano dati da Marte e, oltre ogni previsione, sono ancora attive, il nuovo obiettivo dell’agenzia spaziale americana era quello di trovare la prova dell’esistenza d’acqua sul suolo marziano, e magari anche tracce della presenza di forme di vita microbiche.

La zona scelta per l’atterraggio di Phoenix è vicina al polo nord, e in base ai dati raccolti dalle sonde in orbita intorno al pianeta, è una delle regioni che presenta la maggior concentrazione d’acqua ghiacciata.
Secondo alcune ipotesi questo è dovuto a precedenti impatti con meteoriti o asteroidi, palle di materiale ghiacciato che nello scontro si è fuso con la superficie, creando uno strato di polvere e acqua sotto il suolo. Il 19 giugno 2008 ci fu la prima conferma, la Nasa annunciò d’aver trovato, in seguito agli scavi del braccio meccanico di Phoenix, del materiale bianco a pochi centimetri sotto la superfcie. Parte di questo materiale sarebbe scomparsa nel giro di 4 giorni. Secondo l’ipotesi più accreditata si trattava di cubetti sporchi d’acqua ghiacciata che si sarebbero sublimati dopo l’esposizione al sole; se fosse stato ghiaccio secco, anidride carbonica ghiacciata, la sublimazione sarebbe avvenuta in modo molto più rapido.

Su Marte dunque c’è acqua ghiacciata e quasi in superficie; la sua origine tuttavia resta ancora oggi un mistero. Ci sono solo ipotesi e fra queste c’è chi dice che potrebbero essere i resti di un’antica calotta polare che poi si è ridotta, ma c’è anche chi parla di neve che poi si è ghiacciata. E Phoenix ha portato altre importanti prove a favore di questo. Fra le altre sorprese inattese, il fatto d’aver trovato perclorato fra i composti chimici presenti, in quantità molto maggiore rispetto a sali più comuni. Si tratta di un composto di cloro e ossigeno altamente ossidante, tossico per l’uomo, che si trova in piccole quantità sulla Terra, ma dal quale alcuni microrganismi potrebbero ricavare energia per sopravvivere.

L’ultima sorpresa arriva dal cielo. E’ la prima volta infatti che è stato possibile assistere all’evolversi di fenomeni atmosferici su Marte; in particolare i ricercatori hanno osservato il formarsi di brina e neve.
Prima di spengersi nella lunga notte marziana, Phoenix è passato dall’estate all’inverno e ha potuto registrare molti dati preziosi durante questo passaggio di stagione. Gli studiosi si aspettavano un fenomeno come la brina, ma non la neve. Il diradarsi della polvere, man mano che si avvicinava la stagione invernale, ha fatto sì che si formassero delle nubi a 4 km dalla superficie, e i ricercatori hanno avuto modo di vedere per la prima volta da così vicino il mutare delle condizioni atmosferiche, il formarsi e il muoversi delle nubi su Marte; ma ancora di più è stata la sorpresa quando hanno visto scendere la neve sul pianeta rosso, l’ultimo regalo di Phoenix.

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