L’Università di Reading sta da tempo lavorando su un progetto da cui spera di ricavare utili indicazioni su come il cervello immagazzini i dati.
L’obiettivo è capire meglio come insorgano malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, ma anche risalire alle possibili cause dell’ictus celebrale.
Sono stati prelevati prima di tutto un fascio di nervi da un feto di topo, il fascio è stato poi trattato per scogliere le connessioni fra i neuroni.
Questi ultimi sono stati posti in un MEA (Multi Electrode Array), una piattaforma composta da una rete di sessanta elettrodi in grado di raccogliere gli impulsi elettrici generati dalle cellule, le quali guidano a distanza i movimenti del robot.
Non c’è nessuno altro input umano o dal computer, grazie al segnale Bluetooth, lo stesso usato sui cellulari, robot e neuroni interagiscono scambiandosi stimoli, il cyber-topo è così in grado di deambulare evitando gli ostacoli.
Il team multidisciplinare che lavora al progetto spera di vedere progressi nelle passeggiate del cyber-topo, ad esempio che impari ad applicare lo stesso segnale nel momento in cui ritorna in una posizione in cui è già stato. Sarebbe così possibile trovare nuove risposte ad alcune domande fondamentali della scienza: come funziona la memoria? Come impariamo? Come rapportare comportamenti complessi dell’organismo a quello dei singoli neuroni?
Quesiti interessanti, ma la faccenda prende una piega peculiare alla luce delle dichiarazioni di uno dei ricercatori, il professor Kevin Warwick: “È singolare, perché riscontriamo differenze fra i singoli ‘cervelli’. Ne abbiamo uno sbruffone e attivo, mentre ce n’è un altro che invece sappiamo già che non arriverà dove vuole andare”.