Muʿammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī – arabo: معمر القذافي, noto in Italia come Muammar Gheddafi. (Sirte, 7 giugno 1942) è un dittatore libico, di fatto massima autorità del Paese, pur non avendo alcun incarico ufficiale e fregiandosi soltanto del titolo onorifico di Guida della Rivoluzione. Fu la guida ideologica del colpo di stato (“rivoluzione“) che il 1º settembre 1969 portò alla caduta della monarchia filo-occidentale del re Idris.
Nasce a Sirte, che allora faceva parte della provincia italiana di Misurata, in una famiglia islamica di cui però non si sa molto: recentemente un’anziana signora israeliana di origine libica, la settantasettenne Rachel Tammam, ha affermato che Gheddafi è di discendenza ebraica in quanto figlio di sua zia Razale Tammam (una ebrea di Bengasi che poco dopo la maggiore età aveva sposato un musulmano scontrandosi contro la volontà del padre); la voce relativa alle origini ebraiche del leader libico circola già da tempo ma non è ancora stata dimostrata inequivocabilmente dagli storici.
All’età di sei anni perse due suoi cugini e rimase ferito ad un braccio a causa dell’esplosione di una mina risalente al periodo bellico. T
ra il 1956 e il 1961 frequentò la scuola coranica di Sirte, in cui conobbe le idee panarabe di Gamal Abd el-Nasser, cui aderì con entusiasmo. Nel 1968 si iscrisse all’Accademia Militare di Bengasi. Concluse il corso e dopo un breve periodo di specializzazione in Gran Bretagna, fu nominato capitano dell’esercito all’età di 27 anni.
Insoddisfatto del governo guidato dal re Idris I, giudicato da Gheddafi e da numerosi ufficiali troppo servile nei confronti di USA e Francia, il 26 agosto del 1969 guidò un colpo di stato contro il sovrano, che portò il 1º settembre dello stesso anno alla proclamazione della Repubblica, guidata da un Consiglio del Comando della Rivoluzione composto da 12 militari di tendenze panarabe filo-nasseriane. Gheddafi, che nel frattempo era stato nominato colonnello, si mise a capo del Consiglio instaurando un regime dittatoriale in Libia.
Anni Sessanta, Settanta e Ottanta
L’attuale bandiera della Libia, in uso dal 1979. Fu adottata dopo che Sadat firmò la pace fra Israele ed Egitto per differenziarsi da esso. Tra il 1969 ed il 1979 Gheddafi aveva adottato per la Libia lo stesso tricolore dell’Egitto di Nasser
Fece approvare dal Consiglio una nuova Costituzione, da lui definita araba, libera e democratica. In nome del nazionalismo arabo, egli nazionalizzò la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, espropriò ed espulse la comunità italiana e quella ebraica residenti nel paese, chiuse le basi militari statunitensi e britanniche, in special modo la base “Wheelus”, ridenominata “Oqba bin Nāfi”, dal nome del primo conquistatore arabo-musulmano delle regioni nordafricane.
La politica della prima parte del governo Gheddafi può essere definita come una “terza via” tra comunismo e capitalismo nella quale egli cercò di coniugare i principi del panarabismo con quelli della socialdemocrazia. Espose, in maniera più organica, i suoi principi politici e filosofici nel Libro verde (che rimanda al Libro Rosso di Mao Tse-tung), pubblicato nel 1976. Dal titolo prenderà spunto il colore della seconda bandiera libica gheddafiana, (ma terza per lo stato libico) che infatti è completamente verde, e che richiama la religione musulmana, dato che verde era il colore preferito di Maometto ed il colore del suo mantello.
Fra le primissime iniziative del governo di Gheddafi vi fu l’adozione di misure sempre più restrittive nei confronti della popolazione italiana che ancora viveva nella ex colonia, culminate col decreto di confisca del 21 luglio 1970 emanato per “restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori”. Gli italiani furono privati di ogni loro bene, compresi i contributi assistenziali versati all’INPS e da questo trasferiti in base all’accordo all’istituto libico corrispondente, e furono sottoposti a progressive restrizioni finché furono costretti a lasciare il Paese entro il 15 ottobre del 1970. Dal 1970, ogni 7 ottobre in Libia si celebra il “giorno della vendetta”, in ricordo del sequestro di tutti i beni e dell’espulsione di 20.000 italiani.
In politica estera, egli finanziò l’OLP di Yasser Arafat nella sua lotta contro Israele. Inoltre, propose spesso un’unione politica tra i tanti Stati islamici dell’Africa e, in particolare, caldeggiò un’unione politica con la Tunisia ai primi degli anni settanta ma la risposta negativa del presidente tunisino Bourguiba fece tramontare questa ipotesi. Sempre in questo periodo, e per molti anni, Gheddafi fu uno dei pochi leader internazionali che continuarono a sostenere i dittatori Idi Amin Dada e Bokassa (quest’ultimo però soltanto nel periodo in cui si dichiarò musulmano).
Dal 16 gennaio 1970 al 16 luglio 1972 fu anche, ad interim, primo ministro della Libia prima di lasciare il posto a ʿAbd al-Salām Jallūd. Nel 1977, grazie ai maggiori introiti derivanti dal petrolio, Gheddafi poté dotare la sua nazione di nuove strade, ospedali, acquedotti ed industrie. Sull’onda della popolarità, nel 1979 rinunciò a ogni carica politica, pur rimanendo l’unico leader del paese con l’appellativo di “guida della rivoluzione”.
Gheddafi ebbe una svolta politica negli anni ottanta: la sua indole anti-israeliana e anti-americana lo portò a sostenere gruppi terroristi, quali per esempio l’irlandese IRA e il palestinese Settembre Nero. Fu anche accusato dall’intelligence statunitense di aver organizzato degli attentati in Sicilia, Scozia e Francia, ma egli si dichiarò sempre innocente. Si rese anche responsabile del lancio di un missile contro le coste siciliane, fortunatamente senza danni. Divenuto il nemico numero uno degli Stati Uniti d’America, egli fu progressivamente emarginato dalla NATO. Inoltre, il 15 aprile 1986, Gheddafi fu attaccato militarmente per volere del presidente statunitense Ronald Reagan: il massiccio bombardamento ferì mortalmente la figlia adottiva di Gheddafi, ma lasciò indenne il colonnello, che era stato avvertito del bombardamento da Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio in Italia.
Il 21 dicembre del 1988 esplodeva un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie: perirono tutte le 259 persone a bordo oltre a 11 cittadini di Lockerbie. Prima dell’11 settembre 2001 è stato l’attacco terroristico più grave. L’ONU attribuì alla Libia la responsabilità di questo attentato aereo e chiese al governo di Tripoli l’arresto di due suoi cittadini accusati di esservi direttamente coinvolti. Al netto e insindacabile rifiuto di Gheddafi, le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 748, che sanciva un pesante embargo economico contro la Libia, la cui economia era già in fase calante.
Nel 1999, con la decisione della Libia di cambiare atteggiamento nei confronti della comunità internazionale, Tripoli consegnò i sospettati di Lockerbie: Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi fu condannato all’ergastolo nel gennaio 2001 da una corte scozzese, mentre Al Amin Khalifa Fhimah fu assolto[.
Nel febbraio 2011, intervistato dal quotidiano svedese Expressen, l’ex ministro della giustizia Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil ha ammesso le responsabilità dirette del colonnello Gheddafi nell’ordinare l’attentato al Volo Pan Am 103 nel 1988.
Fonte Wikipedia.