Le speranze dell’indagine sulla morte di Yara Gambirasio sono ora affidate al Dna:
due tracce, una maschile e l’altra femminile, sono state isolate da un guanto della ragazzina. Sono tracce sconosciute, che non riguardano la cerchia dei familiari di Yara e nemmeno tutti i profili genetici a disposizione della polizia e dei carabinieri in tutta Italia.
Il test del Dna viene sempre più spesso utilizzato nelle aule giudiziarie come prova inequivocabile di colpevolezza.
Le tracce biologiche raccolte sulla scena del crimine, come un capello, una goccia di sangue o di saliva, diventano indizi che consentono di risalire con certezza ad un unico individuo.
Il DNA o acido desossiribonucleico è la molecola che conserva l’informazione genica e la trasmette alle generazioni successive.
Il genoma di tutti gli organismi viventi, animali e vegetali, è costituito da un doppio filamento di DNA (double strand o ds) appaiato e avvolto in una doppia elica.
Il genoma di alcuni organismi come i virus invece può anche essere costituito da un DNA a singola catena (single strand o ss).
Quali sono alcune delle tecnologie utilizzate DNA nelle indagini forensi?
– Polimorfismo della lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP)
Gli RFLP sono di primaria importanza negli studi di genetica, essendo utilizzati come marcatori genetici durante la mappatura del genoma e nell’identificazione di geni particolari.
La tecnica della mappatura di restrizione viene usata per determinare i siti di taglio in un frammento di DNA su cui agiscono gli enzimi di restrizione, proteine particolari che tagliano il DNA in punti specifici. In natura gli enzimi di restrizione sono in larga parte ottenuti da batteri. Esistono diversi enzimi di restrizioni, ciascuno specifico per una sequenza di DNA. I nomi degli enzimi di restrizione sono composti da tre lettere che derivano dall’iniziale del batterio da cui sono stati estratti la prima volta: per esempio, l’enzima Eco RI, deriva dal batterio E. coli. Gli enzimi di restrizione utilizzati per l’analisi dei VNTR hanno nomi come Hinf I, Hind III e Hae III.
In soggetti diversi questo tipo di taglio produce frammenti di DNA di lunghezza diversa, che può essere misurata mediante una tecnica chiamata elettroforesi su gel. Il test che si effettua in campo forense consiste nel prelievo di DNA sia dal campione proveniente dal luogo del delitto che dal sangue del sospettato; si procede alla frammentazione in RFLP e alla separazione di questi ultimi tramite elettroforesi su gel. Un’apposita sonda radioattiva si lega agli RFLP, le cui posizioni appaiono quindi come bande scure su una pellicola sensibile ai raggi X. Se le sequenze delle bande ricavate dal campione e dall’indiziato coincidono, si procede a calcolare con quale probabilità tale corrispondenza sia solo accidentale.
– L’analisi di PCR
La reazione a catena della polimerasi (PCR) è usata per fare milioni di copie esatte di DNA da un campione biologico. L’ amplificazione del DNA con la PCR permette l’analisi del DNA su campioni biologici. La capacità della PCR di amplificare persino piccole quantità di DNA consente di analizzare anche campioni fortemente degradati. Grande cura, tuttavia, deve essere adottata per evitare la contaminazione con altri materiali biologici durante l’identificazione, la raccolta e la conservazione di un campione.
– STR Analysis Analisi STR
Cinque anni dopo l’introduzione dell’analisi dell’impronta del DNA sono state scoperte delle sequenze ripetute più corte di quelle note, ma molto informative, poiché altamente variabili tra gli individui.
Sono composte da sequenze di tre, quattro o cinque basi che possono essere ripetute da 80 a 400 volte, chiamate STR (dall’inglese Short Tandem Repeat). Anche queste sequenze, come le VNTR, sono situate principalmente nelle regioni chiamate DNA spazzatura.
Nel genoma di ogni individuo possono essere presenti centinaia di STR diversi, ciascuno dei quali può presentarsi in 5-10 forme diverse (alleli) nella popolazione, che differiscono generalmente per la lunghezza. Ciascun individuo può avere per ogni STR un solo allele (omozigote) o due alleli diversi (eterozigote).
L’analisi degli STR è attualmente lo standard in Europa per l’analisi del DNA nel campo forense. Il vantaggio è notevole, in quanto per un’analisi mediante STR sono necessari solo 50 picogrammidi DNA: dal momento che una cellula umana contiene circa 6 picogrammi di DNA, sono sufficienti otto cellule per effettuare le analisi.
Utilizzando appositi accorgimenti, in alcuni casi è possibile ottenere l’analisi anche a partire da una sola cellula, per esempio da uno spermatozoo
L’analisi dell’impronta di DNA è effettuata prendendo in considerazione più STR diversi.
Questi sono amplificati mediante PCR, con una reazione che permette di analizzare generalmente 5 STR diversi in contemporanea (sistemaSTR multiplex). Anche in questo caso il riconoscimento avviene misurando la lunghezza dei frammenti ottenuti con la tecnica dell’elettroforesi.
Uno studio condotto presso la Forensic Science Service di Birmingham ha dimostrato che effettuando l’analisi su 5 STR diversi, che la probabilità di trovare la stessa impronta di DNA in due individui diversi è di 1 su 10 milioni di milardi.
Considerando che la popolazione umana è attualmente di circa 6 miliardi, questo rapporto permette di affermare che è statisticamente improbabile che il reperto trovato non appartenga ad una determinata persona se l’impronta del DNA corrisponde (fatta eccezione per i gemelli identici).
Esistono delle banche dati che aiutano i ricercatori a vagliare i risultati più attendibili, escludendo quelli che potrebbero essere artefatti legati ad anomale distribuzioni di determinati STR in certe popolazioni.
Il test del Dna non rappresenta comunque una prova infallibile, anzi spesso l’eccessivo ricorso al test nelle indagini di un crimine può depistare gli investigatori dal vero colpevole e disperdere prove più solide. Il problema viene posto in un libro, ‘Genetic Justice: Dna data banks, criminal investigations and civil liberties’ (Giustizia genetica, banche del Dna, indagini investigative e libertà civili). Il libro, di Sheldon Krimsky e Tania Simonelli, evidenzia il pericolo che può derivare da un uso eccessivo del test del Dna da parte della scientifica. Il libro si apre – come riporta la rivista britannica New Scientist – con un aneddoto che esemplifica il pericolo di cui sopra, il ‘fantasma di Heilbronn’: una donna, secondo la polizia tedesca, si sarebbe macchiata di almeno 40 atroci crimini e di lei nessuna traccia se non dei resti di Dna raccolti sulle scene del crimine. Tutto si risolse, proprio ‘grazie al Dna’, in un nulla di fatto: non esisteva nessuna donna, ma il Dna della presunta colpevole altro non era che quello di un operaio dell’azienda austriaca che produce e fornisce alla scientifica tamponi per raccogliere materiale genetico. Insomma il Dna in questa indagine sembra l’unico vero colpevole, e la polizia scientifica si fece abbagliare dalla fiducia eccessiva in questo tipo di indagini.
Il Governo vara la Banca Dati del DNA
Il database genetico, a differenza di quanto avviene in altri paesi come il Regno Unito, verrà usato esclusivamente per l’analisi dei soli “segmenti non codificati del genoma umano, vale a dire quelli dai quali non siano desumibili informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali ad esempio le malattie”. In ogni caso lo scopo della Banca Dati, ovvero di coadiuvare le attività di indagini, pone limitazioni rilevanti all’utilizzo delle informazioni che conterrà.
Tra i soggetti a cui sarà effettuato il prelievo vi sono detenuti, persone in stato di fermo (in questo caso solo dopo via libera del magistrato) e i condannati per reati “non colposi”. In buona sostanza il prelievo dei campioni di DNA non riguarderà la stragrande maggioranza degli italiani.
Altre garanzie previste dal disegno di legge comprendono un accesso limitato ai dati, che sarà possibile solo a personale addetto, i cui accessi al sistemone verranno registrati. Un abuso da parte di un funzionario potrà essere punito con la reclusione da 1 a 3 anni.
Ma sono decisive anche le modalità di cancellazione dei dati. Questa avverrà in ogni caso qualora un imputato sia assolto con sentenza definitiva e perché “il fatto non sussiste”, in ogni caso in cui il prelievo non abbia seguito le procedure di garanzia che verranno stabilite, dopo 40 anni dal prelievo (un termine “ritenuto congruo per superare, sulla base dell’esperienza, il periodo di recidiva”). I campioni di DNA, invece, saranno distrutti dopo massimo 20 anni.
Sul fronte della sicurezza dei dati, una delle grandi preoccupazioni degli esperti, si è deciso di tenere distinti il luogo dove avvengono raccolta e confronto dei profili del DNA, ossia la Banca Dati vera e propria, e il luogo dove si estraggono e conservano i campioni biologici e i profili, ossia il Laboratorio Centrale.
La Banca Dati potrebbe essere decisiva nell’individuare autori di reati e facilitare la collaborazione tra le diverse polizie anche in un’ottica anti-terrorismo. In realtà una raccolta di dati genetici già avviene per finalità investigative, ma al di fuori di qualsiasi regolamentazione specifica.
Ciò che non viene affrontato dal disegno di legge, anche perché è evidentemente materia di speculazione, è l’impatto della disponibilità dei profili genetici sulla preparazione degli inquirenti e sulle modalità di indagine. Da sempre, infatti, il timore degli esperti di security è che strumenti biometrici tendano a comprimere procedure e tempistiche delle indagini in favore della “prova facile” che può essere costituita da dati solo in apparenza incontrovertibili come quelli genetici.