La sentenza, emessa nel Minnesota, rappresenta una vittoria senza precedenti per l’industria discografica degli Stati Uniti.
Jammie Thomas è stata condannata al pagamento di 9.250 dollari per ognuno dei 24 brani scaricati illegalmente dal web per un totale di 222 mila dollari.
I media americani danno grande risalto alla vicenda che definiscono il primo caso del genere intentato dalle case discografiche e che finisce davanti ad una corte. In precedenza denunce simili erano state risolte con accordi tra le parti.
Le case discografiche avevano accusato la donna di Duluth, in Minnesota, madre e single, di aver scaricato 1.702 brani e di averli condivisi con altri internauti in violazione della legge sul copyright.
“Era in lacrime. E’ distrutta – ha detto all’Associated press il legale della donna, Brian Toder – si tratta di una donna che vive di busta paga e ora, all’improvviso, si ritrova lo stipendio decurtato di un quarto per il resto della sua vita”.
Il procuratore che ha difeso le case discografiche, Richard Gabriel, ha commentato: “Si tratta di un messaggio, spero, sul fatto che scaricare e distribuire i nostri dischi non è lecito”.
Tra le case discografiche coinvolte figurano colossi come la Sony BMG, Arista Records, Interscope Records, UMG Recordings, Capital Records e la Warner Bros records. Dal 2003 a oggi sono circa 26.000 le cause intentate dall’industria discografica contro il pirataggio.