Il termine inglese Echelon significa letteralmente “formazione”, mentre in linguaggio militare sta ad indicare la parola “squadriglia”. Eppure mentalmente lo si associa a ben altro: intercettazioni telefoniche, microspie, telecamere, hacking, per arrivare sino ad agenti segreti e controspionaggio… tutti termini ai quali siamo ormai abituati o ci stiamo dolcemente abituando…
La stampa cartacea, quella “ufficiale”, ha iniziato a parlare di Echelon in Italia il 20 marzo 1998 quando il settimanale “il Mondo” dedicò un primo “speciale” dal titolo eclatante: “Licenza di spiare, i segreti di Echelon: così USA e Gran Bretagna ci spiano”. Si riferiva al caso Echelon, alla scoperta ufficiale della sua esistenza.
Seguì una seconda uscita nel numero successivo, poi una terza… poi le prime timide interrogazioni parlamentari da parte di alcuni degli eurodeputati italiani di stanza a Bruxelles.
Echelon, il sistema di sorveglianza elettronica messo in opera dagli Stati Uniti e che utilizza le tecnologie più avanzate, è l’elemento cruciale di una rete mondiale che permette di spiare le comunicazioni private e commerciali. Con la giustificazione ufficiale della lotta al terrorismo (senza grandi risultati, come dimostra il clamoroso fallimento relativo agli attentati dell’11 settembre 2001), comunicazioni telefoniche, fax, e-mail vengono intercettate e analizzate per fini economici e politici.
Questo “sistema di sorveglianza globale” è il frutto tecnologico più avanzato dell’UKUSA Strategy Agreement, un patto di collaborazione per la raccolta e lo scambio di informazioni stretto nel 1947 da Stati Uniti e Gran Bretagna e successivamente allargato agli altri tre alleati, tutti rigorosamente anglofoni. La più importante agenzia di intelligence che vi ha preso parte è senza dubbio l’americana National Security Agency (NSA), designata come “la prima parte in causa del trattato”.
Il Government Communications Headquarters britannico (GCHQ) ha firmato l’accordo a nome del Commonwealth, facendo così partecipare all’alleanza il Defence Signals Directorate australiano (DSD), il Communications Security Establishment canadese (CSE) e il neozelandese Government Communications Security Bureau (GCSB): considerati “le seconde parti in causa del trattato”, hanno stabilito relazioni dirette tra loro e con la NSA.
Che, però, approfittando del suo peso e del fatto che i fondi per le infrastrutture e per i progetti comuni provenissero principalmente dagli Usa, ha sempre confinato i partner internazionali nel ruolo di semplici esecutori.
Anche se nessuno dei cinque paesi coinvolti ha mai ammesso ufficialmente l’esistenza di questo accordo, Echelon, spiega Nicky Hager (il ricercatore neozelandese che per primo ne denunciò l’esistenza al pubblico), “è il prodotto di decenni di intensa attività spionistica in funzione antisovietica”. Con una differenza: “Diversamente dalla maggior parte dei sistemi di spionaggio elettronico sviluppati durante la guerra fredda, Echelon è progettato principalmente per obiettivi non militari: governi, organizzazioni, aziende , gruppi e individui, praticamente in ogni parte del mondo”.
Come funziona il sistema ?
Attraverso la sua rete di satelliti-spia, basi di intercettazione terrestri e supercomputer, Echelon intercetta indiscriminatamente, in tutto il mondo, enormi quantità di comunicazioni, veicolate da qualsiasi linea di trasmissione: telefonate, fax, telex, e-mail, che passano attraverso antenne a microonde, cavi sottomarini e satelliti.
I dati raccolti vengono poi “letti” in tempo reale dai potenti database dislocati nelle stazioni di ascolto: battezzati “dizionari”, sono in grado di estrapolare dalla miriade di messaggi intercettati, un milione ogni mezz’ora, quelli contenenti le keywords, le parole-chiave precedentemente inserite, decodificarli e inviarli al quartier generale dell’agenzia competente.
La maggior parte delle intercettazioni sono di competenza delle cinque grandi basi Ukusa, le cui parabole sono orientate sui 25 satelliti Intelsat usati dalle compagni telefoniche di tutto il mondo per le comunicazioni internazionali. A ogni paese del patto è affidata la copertura di una particolare area del mondo. La stazione britannica di Morwenstow, in Cornovaglia, è puntata sui satelliti dell’Atlantico, dell’Europa e dell’Oceano Indiano; la base americana di Sugar Grove, in Virginia, intercetta gli Intelsats di Nord e Sud America; l’altra base Usa, a Yakima, nello stato di Washington, è orientata sul Pacifico, verso est; le comunicazioni che sfuggono a Yakima vengono coperte dalla stazione neozelandese di Waihopai e da quella australiana di Geraldton, che controlla anche l’Oceano Indiano. Una seconda rete di intercettazione è costituita dalle basi che sorvegliano i satelliti russi e altri sistemi di comunicazione regionale: Menwith Hill in Inghilterra (che con 22 terminali satellitari è la più grande delle stazioni Ukusa), Shoal Bay in Australia, Leitrim in Canada, Misawa in Giappone, Bad Aibling in Germania e la segretissima base di appoggio di Pine Gap, ancora in Australia. Parabole a parte, la copertura completa del sistema di comunicazione globale è assicurata dalla costellazione di satelliti-spia, in codice “Vortex”, che la Nsa ha messo in orbita a partire dagli anni ’70: quello che controlla l’Europa staziona a 22.000 miglia di altitudine sopra il Corno d’Africa.
Il cuore di Echelon, però, è rappresentato dai “dizionari”, i computer in cui ogni giorno finiscono i milioni di messaggi intercettati: collegati in rete, permettono alle diverse stazioni di ascolto di funzionare come un tutto integrato. “Ogni mattina – descrive Hager – gli analisti, con tutto il loro speciale indottrinamento, aprono i loro computer ed entrano nel sistema dei dizionari. Dopo aver effettuato la routine di password e di controlli, finiscono nella cartella con la lista dei differenti tipi di intercettazioni, ognuno con il suo codice a quattro numeri. Per esempio, 1991 sta per comunicato diplomatico giapponese, 3848 sta per comunicazioni politiche da e sulla Nigeria, 8182 riguarda qualsiasi messaggio sulle tecniche di crittografia”. La selezione avviene attraverso la lista delle parole-chiave programmate per ogni categoria: nomi di persona, di organizzazioni, di paesi, di argomenti, numeri di telefono, indirizzi di posta elettronica. Criteri tra i più disparati, ma che riflettono, tutti, le preoccupazioni del momento: “Ogni pochi giorni – precisa Hager – i dictionary manager dei cinque paesi cambiano la lista delle parole-chiave, togliendone delle vecchie e inserendone di nuove, a seconda dei temi politici, diplomatici ed economici di interesse per gli Usa e i loro alleati”. Qualche esempio: Bce, Benelux, bomb, Bugs Bunny, Exon Shell, Ira, guerrilla, Sabena; ma anche Ak-47, la sigla del fucile kalashnikov, Stinger, il missile antiaereo, Twa-800, la sigla del boeing esploso nel ’96 sull’Atlantico, e perfino Vine Foster, il nome di un amico di Bill Clinton suicidatosi nel ’93.
Insomma, basta che nel corso di una telefonata o di uno scambio di e-mail siano menzionate parole come “terrorismo”, “droga”, “guerriglia” o nomi come “Castro”, “Saddam Hussein”, “Gheddafi”, perché l’intera comunicazione sia identificata dai dizionari, selezionata dagli analisti impiegati nelle basi di intercettazione e spedita via satellite al quartier generale della Nsa a Fort Meade, in Maryland, dove spetta ai tecnici americani decodificarla e analizzarla. Alla fine, i dati raccolti vengono archiviati sotto forma di “rapporti”, traduzioni dirette dei messaggi intercettati, “gists”, compendi telegrafici in cui è riportato il nocciolo della comunicazione, e “sommari”, compilazioni riassuntive di diversi rapporti e gists.
Accertata ormai l’esistenza di Echelon, finalmente ammessa da Stati Uniti e Gran Bretagna, si discute oggi sulle sue finalità: apparato tradizionale di raccolta di informazioni a fini di sicurezza o anche strumento per acquisire dati economici che avvantaggiano le imprese appartenenti ai cinque paesi del sistema? L’amministrazione americana nega ogni utilizzazione commerciale. Ma questa tesi ufficiale è contraddetta dalle dichiarazioni dell’ ex-direttore della Cia, apparse in una sede autorevole come il Wall Street Journal. James Woolsey, con notevole tracotanza, ha esplicitamente confermato la raccolta di informazioni sulle imprese europee, giustificandola con la necessità di contrastarne l’abitudine alla corruzione dei contraenti stranieri, unico modo per compensare la loro arretratezza rispetto alle imprese americane (di nuovo una giustificazione “etica” per pure politiche di potenza). A questa affermazione si è aggiunta negli ultimi giorni una indiretta conferma da parte del governo inglese, che ha sostenuto la legittimità di Echelon richiamando la necessità di difendere il “benessere economico” del paese, e non solo la sicurezza nazionale e la prevenzione dei reati.
Questo è un principio che va ben oltre un caso particolare e le polemiche di questo periodo. Siamo ormai entrati in una fase in cui la crescente disponibilità di tecnologie sempre più sofisticate rende possibile un controllo sociale capillare, senza limiti e confini. Si diffondono i sistemi di videosorveglianza, tenendo sotto controllo aree sempre più estese. Le infinite tracce elettroniche lasciate da ognuno di noi durante la giornata consentono di seguirci implacabilmente, di avere un elettrocardiogramma continuo d’ogni nostra attività. Sta nascendo la “società trasparente”, giustificata dalla necessità di combattere meglio il crimine, di garantire la sicurezza nazionale, di ridurre l’evasione fiscale, di cogliere le motivazioni d’ogni cliente di un supermercato? Ammettiamo pure che molte di queste motivazioni siano apprezzabili.
Ma come cambieranno i comportamenti individuali e collettivi sottoposti allo sguardo di un onnipresente occhio elettronico? A che cosa porterà la cessione continua di spazi di libertà in cambio di una promessa di sicurezza agganciata ad una sorveglianza continua? Una deriva tecnologica può cambiare non soltanto le forme dell’organizzazione sociale: può incidere profondamente sul sistema delle libertà e dei diritti, e dunque sulla qualità della democrazia. Non sarebbe il caso di avere una discussione pubblica, politica e istituzionale, su questi temi? O si pensa che tutto sarà risolto dalle dinamiche di mercato e da qualche delega a volenterose autorità di garanzia?
Peraltro, controlli come quelli legati ad Echelon sono destinati ad entrare in conflitto proprio con le esigenze della decantata new economy. Una recente ricerca della Ibm ha accertato che il 98% degli americani ritiene che la tutela della privacy sia la questione più importante nel quadro del commercio elettronico. Un controllo capillare e continuo delle telecomunicazioni, fuori d’ogni garanzia e controllo, non contrasta radicalmente con questa esigenza?